I diritti di proprietà intellettuale sono tradizionalmente associati ad economie
industriali e di mercato. Fino allo sviluppo della coltivazione commerciale di
piante, venivano poco utilizzati in agricoltura, in quanto l’innovazione era per
la maggior parte risultante dalla condivisione libera tra agricoltori di semi e
animali per produrre una vasta gamma di varietà e specie adeguate a condizioni
climatiche diverse. Inoltre, fino al 1970, le scoperte in natura non potevano
essere brevettate, anche se l’inventore trovava un sistema sintetico per
produrre qualcosa esistente in natura che meritasse la denominazione di
invenzione invece di scoperta. Dal 1970, questa distinzione è andata
affievolendosi, sotto la pressione economica e scientifica, permettendo in
alcuni Paesi la brevettabilità di organismi viventi, di loro parti e di processi
biologici in quanto "invenzioni". La modificazione genetica fornisce attualmente
modi radicalmente nuovi per manipolare le risorse biologiche, dando quindi luogo
a procedimenti industriali assai redditizi. In principio, i geni possono ora
essere scambiati tra piante, animali e microrganismi, a prescindere della loro
compatibilità sessuale. Le aziende impegnate nella biotecnologia hanno quindi
sollecitato l’adattamento della classica legge sulla proprietà intellettuale
anche alle forme di vita in quanto non considerate diverse da ogni altra forma
di tecnologia. Uno dei motivi addotti è che, al contrario dei prodotti chimici,
gli organismi viventi possono riprodursi dopo essere stati venduti. Questo
limita la potenziale redditività di "invenzioni biologiche" per chiunque cerchi
di appropriarsene e monopolizzarne l'uso e la vendita. Esigere brevetti per le
varietà di piante è quindi diventata un’opzione evidente per le aziende allo
scopo di proteggere i redditi che queste nuove tecnologie promettono. Negli USA,
brevetti limitati per alcune varietà di piante sono stati concessi per la prima
volta nel 1930. Nel 1980, quando la biotecnologia moderna ha cominciato a
condizionare lo sviluppo della legge sulla proprietà intellettuale, la Corte
Suprema degli USA ha sentenziato che poteva essere brevettato un microrganismo
geneticamente modificato (1) che "mangiava il petrolio". Nel 1985, l’Ufficio
Brevetti e Marchi degli Stati Uniti ha autorizzato la concessione di brevetti
per piante, semi e tessuti di piante geneticamente modificati. Nel 1987
l’Ufficio ha esteso l'applicazione di questa sentenza agli animali, concedendo
un brevetto su un topo geneticamente modificato al fine di far sviluppare un
tumore. Questa tendenza verso i brevetti sulle forme di vita, o brevetti
biologici (2), si è registrata più recentemente anche in Giappone e nell'Unione
Europea. Brevetti ed altre forme di diritti di proprietà intellettuale (come i
diritti dei coltivatori di piante sviluppati in Europa come alternativa meno
rigorosa ai brevetti sulle piante) incideranno sul futuro della sicurezza
alimentare globale. Il controllo delle piante e degli animali mediante brevetti
determinerà in larga misura il controllo dei sistemi alimentari. Secondo uno
studio effettuato per conto del Servizio Internazionale per la Ricerca Nazionale
Agricola (3), brevetti ed altre forme di diritti di proprietà intellettuale
vengono sempre più utilizzati da parte delle aziende per incrementare la loro
quota di mercato, per impedire che la concorrenza diventi attiva in determinati
Paesi oppure come strumento di trattative per negoziare accordi locali
favorevoli.
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